Il PIL dell’insoddisfazione

Non passa giorno che in televisione o sui giornali non si parli di questo famigerato PIL che minaccia le nostre esistenze e proietta la sua terrificante ombra su di noi e a cui molto probabilmente abbiamo fatto cose tremende in qualche altra vita visto quanto è profondamente incazzato con noi e che non vede l’ora di ridurci in rovina.

Ho cercato tante volte di immaginare come possa essere fatto questo PIL e alla fine me lo immagino come un grande e pericolosissimo uccello rapace che volteggia nel cielo sopra le nostre teste e finché vola alto e sale su, allora va tutto bene e siamo al sicuro, ma appena inizia a scendere, allora si salvi chi può perché vuol dire che è in assetto da caccia e qualche preda più o meno grande sarà inesorabilmente afferrata dai suoi poderosi artigli e portata via per essere divorata in un sol boccone.

Non può essere diversamente, perché altrimenti non mi spiego come mai ci sia un interesse così spasmodico da parte di tutti nel sapere ogni giorno se il PIL sta salendo (euforia), è stazionario (leggera inquietudine) o sta scendendo (terrore).

Le previsioni del PIL sono entrate a far parte del pacchetto di informazioni che la mattina abbiamo assolutamente bisogno di reperire, insieme alle previsioni del tempo e all’oroscopo del giorno e può veramente cambiare il nostro stato d’animo con cui affronteremo la giornata.

Ecco allora che, spinto dalla mia irresistibile curiosità, ho cercato di fare qualche riflessione su questo essere mitologico di cui tutti parlano, ma che nessuno in fondo ha mai visto in faccia.

Per iniziare sono andato sul facile e ho interpellato il mio Corpo Mentale che è sempre lì pronto a dispensare la sua sapienza dottrinale e ho capito che il PIL è una delle tante costruzioni fantastiche che abbiamo realizzato in questo ultimo secolo e che è sceso in manifestazione grazie ad un tale di nome Simon Kuznets che nel 1934 ne parlò per la prima volta in un rapporto al Congresso degli Stati Uniti d’America.

La sua infanzia (del PIL) fu tranquilla, ma si vedeva già dai primi passi che non si trattava di un bambino comune ed infatti nel 1944, ad appena 10 anni, divenne la star indiscussa che conosciamo oggi, grazie agli accordi di Bretton Woods in cui fu deciso e concordato che il PIL sarebbe stato usato da lì in avanti come indicatore principale per misurare l’economia di un paese.

Si avete capito bene… il PIL ci dice se intere nazioni godono di buona salute, sono malaticce o addirittura moribonde.

Una carriera folgorante! Un vero talento al cui cospetto Mozart e gli altri bambini prodigio che hanno calcato le scene nel corso dei secoli impallidiscono e scompaiono.

Ma allora, cerchiamo di conoscere un po’ meglio questo PIL per capire come è fatto, i suoi gusti, le sue passioni e magari i suoi desideri più nascosti.

Scartabellando un po’ di qua e un po’ di là, ho trovato che PIL è un acronimo, cioè una sorta di nome d’arte come quelli che si scelgono quando si vuol intraprendere una carriera artistica e ci si vergogna un po’ del proprio nome, perché non lo si ritiene sufficientemente fico e così se ne sceglie un altro più adatto come hanno fatto, ad esempio, Bud Spencer e Terence Hill.

Il vero nome del PIL, quello riportato sulla sua carta d’identità e con cui è registrato all’anagrafe è Prodotto Interno Lordo.

Già la parola “lordo” mi evoca subito una sensazione di sporco e zozzo, ma per il momento soprassediamo.

Quindi il PIL si basa sulla produzione (beni, servizi e qualunque altra cosa possiamo produrre), interna ad un paese e lorda perché vengono tolti dal calcolo gli ammortamenti (ecco qua un altro bel termine che evoca sciagura, ma anche su questo per il momento soprassediamo).

Quindi di fatto se la produzione aumenta il PIL sale e se la produzione cala il PIL scende, elementare Watson.

Fin qui mi sembra tutto abbastanza lineare, ma siccome Mr. PIL è l’indicatore dello stato di salute dell’economia di uno stato e lo stato in teoria (molto in teoria) dovrebbe essere l’insieme delle persone che hanno la cittadinanza di quello stesso stato, allora il PIL dovrebbe essere anche un indice del grado di soddisfazione e di benessere di quelle persone che comunemente appelliamo come “cittadini”.

E se è così, c’è poco da stare allegri visto che è ormai da qualche anno che tutti i più grandi esperti di economia e finanza (non so per quale motivo ogni volta che nomino le parole economia e finanza un brivido freddo mi corre lungo la schiena) prevedono un imminente calo globale del PIL e questo vuol dire che l’uccello rapace è affamato ed ha iniziato a guardare giù in cerca di prede e sta per iniziare la picchiata.

Ma siccome ormai abbiamo imparato a convivere con la paura e abbiamo visto che in fondo in fondo nulla è poi così terribile come sembra a prima vista, siamo veramente sicuri che questo beneamato PIL ci dica con sincerità quanto stiamo bene e se stiamo vivendo una vita piena e gioiosa?

Qualche dubbio sinceramente mi è venuto, perché se andiamo a vedere la mappa dei paesi con il più alto livello di PIL, vediamo che ci sono tutti i paesi che chiamiamo moderni ed industrializzati, dove il consumismo e il materialismo sono ormai profondamente radicati, mentre i paesi con il PIL più basso sono quegli immensi paradisi naturali che generalmente chiamiamo in modo sprezzante e con un pizzico di superba compassione “terzo mondo”.

Chiameremo per semplicità e senza un particolare sforzo di creatività, i paesi ad alto PIL con la sigla PAP (Paesi ad Alto PIL) e con la sigla PBP (Paese a Basso PIL) i paesi che hanno un basso PIL. È solo una semplificazione qualitativa per seguire il discorso e non importa nulla definire la soglia che divide le due categorie, quindi, se proprio non riuscite a sostenere questo stato di indeterminazione, assegnate tranquillamente in autonomia questa soglia, ma la cosa importante è che procediamo insieme in questo ragionamento (ho scritto queste quattro righe solo per farvi riprendere un po’ fiato visto che in effetti questo post mi sta venendo lunghetto, ma questa volta ormai è andata così).

Quindi, dopo questa breve pausa riprendiamo il filo del discorso.

Se è vero che il PIL indica lo stato di salute di una nazione, mi aspetto di vedere negli stati PAP la maggioranza delle persone felici e raggianti, pienamente soddisfatte, consapevoli del proprio scopo di vita e che stanno vivendo al massimo i propri talenti, in completa connessione con la natura e con tutti gli altri esseri che compongono questo splendido mosaico che è la Terra, mentre nei PBP una situazione completamente opposta.

Da quando pratico la Permacultura, ho capito che la cosa più importante da fare quando si vuol comprendere qualcosa è osservare e quindi ho iniziato prima di tutto a vedere come sto messo io e poi a guardarmi un po’ intorno.

Bene o male, qui in Italia dovremmo essere in un paese PAP in quanto, anche se non siamo i primi della classe, non siamo certo l’ultima ruota del carro.

Osservando in giro, sinceramente non vedo poi tutta questa soddisfazione. La maggior parte delle persone che incontro hanno facce tristi, arrabbiate, amareggiate o deluse e in uno stato di lamentela costante.

È risaputo che noi italiani siamo un popolo di lamentosi, ma la situazione attuale mi sembra che vada un po’ al di là di una naturale predisposizione attitudinale e quindi mi è sorto il dubbio: “vuoi vedere che questo PIL con la soddisfazione e la felicità delle persone non ha proprio nulla a che spartire?”

Ed effettivamente sono giunto a questa conclusione. Ti dirò di più: “secondo me il PIL si basa su un meccanismo completamente opposto e si alimenta proprio dell’insoddisfazione delle persone”.

Voi vi starete chiedendo come faccio a dire questo. Bene seguitemi ancora un attimo.

Abbiamo detto che il PIL di fatto è un indice di quanta produzione c’è in un paese. Nel sistema consumistico e materialistico attuale, la produzione è figlia del consumo e quindi sono proprio i consumi delle persone che forniscono il carburante per far volare il PIL.

Ma se andiamo a vedere cos’è che spinge le persone a consumare, personalmente ritengo che una delle cose principali sia proprio l’insoddisfazione.

Quando siamo soddisfatti, ci sentiamo in pace con noi stessi e con l’intero universo e non abbiamo bisogno di un granché, mentre quando siamo insoddisfatti, ecco che iniziano a generarsi nella mente tanti tarli e tante vocine che ci dicono che non siamo adeguati e che ci manca questo e quello per essere perfetti. Ecco che in men che non si dica diventiamo facili prede di tutti quei messaggi promozionali che ormai ci inondano continuamente e che sembrano conoscerci addirittura meglio di noi stessi.

Spinti da questa insoddisfazione andiamo ad alimentare la ruota del criceto che gira a velocità sempre più forte e da cui non riusciamo praticamente a scendere più se non nel momento in cui, completamente esausti e svuotati di ogni energia, non siamo più in grado di alimentare con i nostri acquisti questa ruota che impietosa ci sputa via ammassando le nostre carcasse esanimi nelle sue vicinanze in un cumulo che ogni giorno diventa sempre più alto, maestoso e terribilmente minaccioso.

Ecco che si è generata una bella spirale di erosione:

Ma allora, come possiamo fermare questo enorme buco nero che sta inghiottendo tutto intorno a sé e che sembra veramente inarrestabile?

Io non ho una ricetta magica e anzi sono sempre più convinto che non ci sia mai una ricetta magica che risolve i problemi e che al tempo stesso non si possa risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato come ci ha insegnato Einstein che magari era in grado di vedere qualcosa che noi ancora non riusciamo a vedere.

Amplio il concetto di Einstein dicendo che non possiamo risolvere un problema sullo stesso piano in cui questo è stato generato.

Per prima preferisco non utilizzare il termine “problema” perché i grandi saggi del passato ci hanno insegnato che i problemi non esistono, ma esistono soltanto i fatti; è solo il giudizio, anch’esso figlio dell’insoddisfazione, che ce li fa apparire come tali.

Il principio di Bill Mollison inventore della Permacultura insieme a David Holmgren “il problema è la soluzione” ci conferma proprio questo e cioè che il fatto di per sé è neutro ed è solo in base a come lo guardiamo che possiamo vederlo come un problema o come una opportunità.

Quindi, se torniamo al nostro caro PIL, vediamo che la spirale di erosione che abbiamo descritto sopra è stata generata dall’insoddisfazione e l’insoddisfazione si genera quando c’è una tensione tra l’Anima che spinge verso l’Evoluzione verticale e la Personalità che invece tira nella direzione della Crescita orizzontale.

Quanto più la nostra vita reale, che è il frutto delle nostre scelte più o meno consapevoli ma pur sempre nostre scelte, segue l’identificazione con la Personalità, tanto più alta sarà l’insoddisfazione e alimenteremo questa spirale erosiva.

Per uscirne, non possiamo far altro che distaccarci gradualmente dall’identificazione con la Personalità, lasciare andare gli attaccamenti e le paure, abbracciando sempre più la fiducia nel fatto che siamo Esseri Perfetti per Genesi e che quelle che oggi chiamiamo imperfezioni non sono altro che ombre riflesse da quella mente che è serva, ma che in questo momento evolutivo si crede invece padrona.

Ma se tutti facciamo questo passaggio e quindi riusciamo ad uscire da questa spirale, saremo sempre meno insoddisfatti e quindi acquisteremo di meno, produrremo di meno e il PIL crollerà?

Si potrebbe accadere questo.

Ma così crollerà anche tutto il sistema economico e finanziario che si sostiene proprio su questo meccanismo e con esso tutto ciò che costituisce ora il nostro mondo?

Si è molto probabile.

Ma se guardiamo indietro nella storia o osserviamo attentamente cosa accade in natura, ci accorgiamo che di fatto è così che funziona.

Ogni sistema, così come anche l’uomo, segue un ciclo vitale in cui si nasce, si cresce, ci si riproduce dando origine a qualcosa di nuovo che poi farà la sua strada, si matura, si entra in uno stato di stasi che genera complessità, degrado e decadimento, si genera uno stato di tensione che spinge all’evoluzione verticale e alla fine si muore per poter poi ripartire con un nuovo ciclo avendo conquistato un livello di Coscienza più elevato.

Seguendo questo ragionamento che abbiamo fatto, è possibile che tutto il sistema attuale stia inesorabilmente andando verso la propria morte.

Il sistema consumistico ha generato nel corso della sua esistenza tanti figli, come ad esempio tutto ciò che chiamiamo comunemente progresso tecnologico e che percorreranno la loro strada indipendentemente dalle sorti del genitore da cui hanno avuto origine. Poi è maturato ed è entrato in uno stato di stasi che porta come diretta conseguenza l’espansione orizzontale e la crescita della complessità da cui si origina il degrado. Da qui si genera la tensione per l’evoluzione verticale e è proprio questo stato di tensione che ha fatto nascere la consapevolezza in molte persone che per vivere una vita di soddisfazione si deve andare oltre il materialismo e ritrovare la connessione con la propria direzione animica.

A questo punto, prima o poi, questo sistema morirà per lasciare spazio a qualcosa di nuovo.

Quando questo accadrà, chi avrà rotto le catene che ci siamo costruiti da soli con le nostre paure e i nostri attaccamenti, sarà pronto a saltare via prima che tutto affondi, mentre gli altri sprofonderanno inesorabilmente.

Ma la vita è assolutamente perfetta e quindi dà sempre la possibilità fino all’ultimo istante di spiccare il volo, ma ci deve essere la volontà di farlo e solo a quel punto spunteranno le ali.

Questo è il vero significato della fede.

Credits: l’immagine di copertina è stata prelevata dal Web (le altre sono mie originali)